Bruno Passerini
Bruno Passerini nacque a Milano il 25 maggio 1925; studiò dapprima al Convitto Nazionale di Novara e ultimò le elementari presso il Collegio “Rosmini” di Stresa. Passò poi al collegio degli Scolopi a Genova – Cornigliano, ma non vi rimase a lungo: un carattere molto vivace e il distacco dalla famiglia lo spinsero ad un tentativo di fuga.
Frequentò quindi il Liceo scientifico “Cavour” di Roma, poi, mentre il resto della famiglia si trasferì a Induno, Bruno rimase con il padre che per motivi di lavoro si era stabilito a Modena: in questa città si iscrisse al primo anno di ingegneria.
Nell’estate del ’42, durante una vacanza a Solda conobbe Monsignor Sette: l’incontro ebbe una grandissima influenza sulla sua formazione umana e religiosa.
Dopo l’8 settembre, a Modena, entrò in contatto con i partigiani e partecipò con loro al sabotaggio di un ponte.
Nell’aprile ’44, Bruno raggiunse la famiglia ad Induno e anche qui entrò in contatto con la resistenza clandestina, in questo periodo gli fu particolarmente vicino Don Gaetano Corti, professore del seminario di Venegono che gli fu padre spirituale.
Nel giugno 1944 alla pubblicazione del bando della Repubblica Sociale italiana che chiamava i giovani della classe 1925 alle armi dopo un periodo di addestramento in Germania, Bruno si unì ai partigiani sulle montagne piemontesi.
Il 19 giugno le truppe nazi-fasciste attuarono una vasta azione di rastrellamento nelle valli tra Intra e Cannobbio; il 21 la brigata nera “Muti”, al comando del sottufficiale della polizia tedesca Karsten catturò Bruno presso la cappella della Madonna di Miazzina. Portato ad Intra fu consegnato ai tedeschi che lo trasferirono a Domodossola, dove venne sottoposto ad interrogatori.
il 27 mattina riuscì a fare avere sue notizie ad un conoscente della famiglia, prima di essere caricato su di un autocarro dai tedeschi che si stava recando a Biella. Giunti a Beura – Cardezza, Bruno ed altri otto prigionieri vennero fucilati verso mezzogiorno dai militi della “Muti”.
Gli uccisori non permisero alcuna assistenza religiosa ai condannati a morte e ne proibirono la sepoltura, ma gli abitanti del luogo provvidero a seppellirli in una fossa comune, sulla quale non fecero mai mancare i fiori. Durante il breve periodo del governo provvisorio della Val d’Osso!a, il padre di Bruno riuscì a far tumulare il corpo del figlio nel cimitero di Domodossola: in questa occasione la popolazione accorse a rendere omaggio al martire.
Nel febbraio del 1945 la brigata partigiana “Fazzoletti azzurri” che operavano nella zona di Varese e di Induno, comunicò ai suoi genitori che in memoria del figlio avrebbe cambiato il proprio nome in brigata “Bruno Passerini”. Dopo la liberazione, il 30 maggio 1945 Bruno Passerini, dopo una funzione religiosa celebrata da Don Corti e le parole di saluto del comandante marchese Lorenzo Medici, veniva sepolto nel cimitero di Induno Olona. Nel 1946, all’università di Modena, venne affissa una lapide in ricordo dei caduti di quell’Ateneo, in cui compare anche il nome di Bruno.
Bruno Passerini cadde seguendo l’impulso alla libertà e alla giustizia che gli veniva dagli ideali in cui credeva.
Di questa nobiltà d’animo è indice una frase che, ancora da ragazzo, aveva scritto a matita su di un libro e che la madre ricordava con commozione: “La giovinezza non è fatta per la gioia, ma per l’eroismo”.